Vi siete mai chiesti chi controlla la qualità del cibo della mensa scolastica? Sapete dove e come vengono preparati i menù distribuiti nelle scuole? È possibile organizzare una mensa scolastica senza dover affidare la gestione del servizio di refezione alle multinazionali del catering?
Negli ultimi anni il catering pare si sia convertito nell’unica forma possibile di gestire la mensa scolastica e così il servizio viene appaltato a multinazionali molto più attente al ritorno economico che alla qualità dei pasti. Così, molto spesso, i menù non sono né sani né sostenibili, perché per la loro preparazione si ricorre a cibi ultraprocessati di qualità scadente (polpette, crocchette, bastoncini, affettati ecc.), mentre nel caso dei prodotti freschi vengono utilizzati alimenti kilometrici che hanno percorso migliaia di kilometri prima di approdare nel refettorio scolastico.
Mensa scolastica: oltre il catering c’è di più!
Eppure oltre il catering c’è di più. Nei Paesi Baschi, in un paesino chiamato Ordugna, è la cucina comunale a preparare i circa 150 menù giornalieri serviti sia nella scuola che nella casa di riposo. Grazie a questa iniziativa, produzione, distribuzione e consumo di alimenti avvengono all’interno di un circuito locale e senza intermediari, con ricadute positive non solo per i commensali, ma per l’intera comunità.

Come passare dal catering alla cucina comunale?
Nel 2003, in un momento di forte difficoltà economica segnato dalla perdita di molti posti di lavoro, un gruppo di persone decise che la soluzione vincente per uscire dalla crisi era puntare sull’unico bene di cui Ordugna disponeva in abbondanza: la terra. Così l’agenzia di sviluppo locale chiamò in causa diverse associazioni della zona allo scopo di incoraggiare e sostenere la produzione ed il commercio a livello territoriale.
Il primo passo fu la creazione di un’ alleanza tra aziende agricole, amministrazione comunale e agenzia di sviluppo locale, una collaborazione necessaria ad avviare un percorso di progettazione partecipata e di formazione collettiva, il cui obiettivo era quello riattivare l’economia locale attravreso la conversione dell’agricoltura convenzionale all’agroecologia.
Cucina comunale: ripartire dal settore primario e puntare sull’agroecologia
L’amministrazione comunale fece il primo passo, creando un servizio municipale di orientamento per lo sviluppo agroecologico. Grazie ad uno studio approfondito sul funzionamento della filiera agroalimentare, le aziende locali si resero conto che continuare a produrre seguendo tecniche proprie del sistema industriale ed intensivo non generava un reddito dignitoso e perciò bisognava puntare sulla produzione agroecologica.

Per agevolare la fase di transizione verso un sistema di produzione basato sui principi dell’agroecologia, le aziende potevano contare sul sostegno di un ufficio comunale che metteva a disposizione:
- la consulenza tecnica sulle fasi di conversione all’agricoltura e all’allevamento ecologici e sulla sostenibilità economica del progetto;
- la consulenza amministrativa sulle procedure da seguire e sugli aiuti economici disponibili;
- attività di divulgazione e formazione agroecologica;
- incentivi alla creazione di un mercato di prodotti locali, di gruppi di acquisto e orti urbani per favorire il consumo di prodotti locali.
Grazie al supporto tecnico qualificato ed alla formazione continua, molte aziende riuscirono a realizzare con successo la conversione all’agroecologia e fin da subito ci fu un miglioramento in termini produzione. Avviata questa prima fase, bisognava pensare alla seconda: come vendere i prodotti ad un prezzo equo. E così nacque Sapori di Ordugna, un’ associazione che si occupa di far conoscere i prodotti locali alle attività commerciali della zona.
Vendita diretta dei prodotti locali
L’amministrazione comunale decise di incentivare la presenza dei prodotti alimentari della zona, tra cui vino, formaggi e marmellate ogni qualvolta si fosse organizzato un evento pubblico: feste, fiere o visite guidate. Lo stesso obiettivo fu perseguito dall’ufficio turistico che, nel frattempo, aveva attivato il servizio di vendita diretta di prodotti tipici della zona all’interno dei locali del punto di informazione turistica. Puntare sulla filiera corta provocò due risultati importanti:

- l’aumento del numero di aziende agricole che si erano convertite al metodo di produzione o allevamento agroecologico;
- un cambio di mentalità soprattutto nelle nuove generazioni che avevano deciso di non andare via dal paese, ma di restare perché vedevano nell’agricoltura una grande opportunità.
Il lavoro di squadra, oltre a far crescere la produzione e l’economia locale, aveva generato tanto entusiasmo che la voglia di cambiamento era diventata inarrestabile. La rivoluzione iniziata nei campi stava per arrivare a tavola: l’obiettivo era quello di creare una cucina comunale in grado di preparare pasti sia per la casa di riposo che per la scuola.
Ristorazione collettiva: filiera corta e rilancio dell’economia locale
Cucina comunale: sostenibilitá ambientale, economica e sociale
Nel caso della refezione scolastica, la mensa era gestita da un’impresa di catering che preparava i menù in un’altra città per poi trasportarli fino alla scuola di Ordugna; nel caso della casa di riposo, era molto difficile risalire all’origine del cibo e le pietanze non erano molto appetitose. In entrambi i casi, il fatto che i menù fossero di scarsa qualità rappresentava agli occhi dell’amministrazione comunale un’ingiustizia dal punto di vista etico e sociale, perciò la decisione fu quella di rinunciare al servizio di catering. Il progetto di creazione della mensa dovette scavalcare diversi ostacoli (tra cui i pareri negativi degli assessorati competenti) prima di diventare operativo, ma grazie alla tenacia ed alla costanza del gruppo promotore, oggi la mensa è una realtà solida che crea valore dal punto di vista economico e sociale.
La cucina comunale prepara all’incirca 150 menù al giorno a base di prodotti locali, freschi e di stagione. Gli ingredienti utilizzati provengono dall’agricoltura locale che è riuscita a migliorare l’alimentazione di buona parte della popolazione, riducendo l’impatto ambientale e aumentando le opportunità di lavoro.

L’alleanza tra settore primario, commercio locale e cittadinanza è riuscita a trasformare un paese senza prospettive in una realtà dove la gestione della mensa offre anche opportunità di lavoro a chi ha deciso di restare.
Quando sono andata a conoscere il progetto, ho chiesto quale fosse la formula del successo della cucina comunale. E la risposta è stata che non esiste una formula precisa, ma solo la combinazione di tre elementi essenziali:
- la tenacia delle persone che hanno creduto e scommesso sul progetto;
- la lungimiranza e il sostegno delle diverse amministrazioni comunali che si sono susseguite nell’arco di 17 anni;
- l’entusiasmo e la pazienza con cui le associazioni locali hanno continuato a lavorare per creare una mensa locale a gestione diretta.