Qual è l’impronta ecologica della nostra spesa? Smettere di mangiare carne è la soluzione? Scegliere una dieta vegetariana – comprando kiwi che arrivano dalla Nuova Zelanda e avocado che arriva dal Messico – è sinonimo di alimentazione sostenibile?
Il crescente interesse per l’emergenza climatica ci ha portato a modificare alcune delle nostre abitudini per cercare di ridurre i consumi e diminuire l’impronta ecologica. E a tavola, prestiamo attenzione all’impatto ambientale delle nostre scelte alimentari?
Da dove arriva il cibo che portiamo in tavola? Questa domanda è diventata fondamentale per calcolare l’inquinamento prodotto dal trasporto intercontinentale di tutti quegli alimenti che hanno percorso migliaia di km prima di approdare nel nostro piatto.
I metodi di produzione, trasporto e distribuzione tipici dell’agricoltura intensiva e della grande distribuzione organizzata, generano un forte impatto ambientale e questa dinamica, apparentemente fuori controllo, aumenta la preoccupazione per la sostenibilità ambientale delle nostre abitudini alimentari. L’alimentazione sostenibile è incompatibile con il sistema alimentare industriale, perciò è importante iniziare a cercare alternative locali con un risvolto etico, sociale ed ambientale.
Alimentazione sostenibile: come possiamo metterla in pratica?
Per alimentazione sostenibile si intende quel tipo di alimentazione che al momento dell’acquisto tiene conto di criteri etici, sociali e ambientali.
Se da una parte è vero che non possiamo controllare le condizioni di lavoro di chi produce o le pratiche agricole dell’industria alimentare, è altrettanto vero che possiamo dedidere di uscire da questo circolo vizioso e cambiare le nostre abitudini alimentari:
- Selezionando generi alimentari freschi, locali e di stagione sfusi;
- Scegliendo dove fare la spesa per stabilire, se possibile, una relazione diretta con chi produce;
- Coltivando le verdure nell’orto di casa oppure in orti urbani o comunitari.
Se per ragioni diverse siamo costrette a fare la spesa al supermercato, cerchiamo comunque di seguire i criteri di un’alimentazione sostenibile:
⇨ Evitare di comprare frutta e verdure in vaschette di plastica, poichè queste confezioni, oltre ad essere inutili, finiscono direttamente nel secchio della spazzatura, generando un impatto ambientale enorme (dalla produzione allo smaltimento);
⇨ Leggere sempre la lista degli ingredienti, prestando molta attenzione alla presenza delle E (ossia gli additivi aggiunti ai prodotti confezionati) e ai prodotti “senza zuccheri aggiunti”;
⇨ Verificare la sede dello stabilimento di produzione e scegliere quello più vicino o comunque situato entro i confini nazionali, perchè minore è la distanza percorsa dagli alimenti minore sarà il loro impatto ambientale;
⇨ Per quanto riguarda l’impatto sociale, facciamo affidamento al buon senso: è etico acquistare (e mangiare) quinoa che arriva dalla Bolivia quando lo stesso identico apporto nutrizionale ce lo fornisce una deliziosa combinazione di riso e lenticchie?
Sostenere l’industria dell’esportazione dei super alimenti contribuisce a creare problemi di disponibilità di cibo per le popolazione locali, oltre che ad aumentare l’impatto ambientale legato al loro trasporto.
Reti che promouovono l’ alimentazione sostenibile
Il numero di intermediari presenti nella catena alimentare oltre a incidere sul prezzo finale degli alimenti, molto spesso non riconosce un giusto prezzo a chi ha lavorato la terra, producendo frutta, verdura, cereali o legumi.
Per questo motivo, l’ideale sarebbe evitare la grande distribuzione organizzata per fare la spesa e rivolgerci ai mercati locali.
Per fortuna esistono diverse alternative che ci permettono di fare una spesa più giusta e consapevole:
1️⃣ Gruppi di acquisto solidali (GAS): formati da persone che si organizzano per acquistare insieme direttamente da chi produce, secondo criteri di rispetto per le persone e l’ambiente, dando priorità alle piccole produzioni locali legate al territorio;
2️⃣ I distretti di economia solidale (DES): reti locali che collegano le diverse realtà di un territorio (produzione, distribuzione, acquisto, prodotti, servizi, associazioni);
3️⃣ Nella tua zona non esiste un GAS o un DES, ma ti piacerebbe trovarne uno? L’alternativa potrebbe essere quella di organizzare un gruppo di persone interessate all’alimentazione sostenibile e iniziare a cercare produzioni locali con cui entrare in contatto per creare un’esperienza diretta tra produzione e consumo.
Cambiare le nostre abitudini alimentari non è impossibile, basta guardarsi intorno, cercare persone affini e mettere in pratica azioni per un consumo piú responsabile.
L’alimentazione sostenibile è il primo passo che possiamo dare nella direzione della sostenibilità ambientale.
Acquistare con consapevolezza, sostenere l’economia locale e sostituire le grandi marche con volti di persone – che producono in condizioni difficili e che perció meritano tutto il nostro appoggio – è un’opzione a portata di mano che fa bene all’ambiente e alle relazioni.